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La scultura dell'Ottocento

Le sculture esposte in questa sala testimoniano alcuni dei più alti raggiungimenti conseguiti in questo campo a Modena, nel periodo compreso tra la Restaurazione e la fine del Ducato austro-estense. Una vicenda artistica che vede il suo epicentro nella locale Accademia Atestina di Belle Arti, trovando occasioni importanti di confronto e di aggiornamento nei contatti con i principali centri artistici (Carrara, Firenze e Roma) e con alcuni dei protagonisti della scena figurativa ottocentesca. Tra di loro si ricorda lo scultore carrarese Pietro Tenerani (1789-1869), qui documentato dal Busto di Ludovico Ariosto. Allievo a Roma di Canova e collaboratore del danese Thorvaldsen, lo scultore fu tra i massimi interpreti del purismo, di cui nel 1843 sottoscrisse il manifesto, introducendo uno stile volto all'idealizzazione del vero, con un'attenzione particolare all'espressione degli affetti. Anche lo scultore Giuseppe Obici (1807-1878) risente di questo clima culturale: dopo gli studi a Modena e a Carrara, frequenta l'atelier di Tenerani a Roma, città nella quale deciderà poi di fissare la propria residenza.

Il Gladiatore ferito (1843) , proveniente dalle raccolte della Galleria Estense e depositato in Museo nel 1938, introduce un elemento innovativo nella scena artistica modenese per la presenza di un gusto purista aggiornato , in cui Obici realizza una perfetta sintesi tra l'umanità del personaggio sofferente e la fierezza del combattente. Fu simile al percorso di studi di Obici anche quello dello scultore modenese Giovanni Cappelli (1813-1885), il quale dopo le esperienze a Carrara e a Roma, frequentò lo studio di Lorenzo Bartolini (1777-1850) a Firenze, ritornando in patria nel 1847 dove insegnò scultura all'Accademia di Belle Arti. Tra le opere esposte in questa sala, La Gratitudine (La Carità) del 1851 testimonia la lezione del maestro fiorentino. Gli esiti più maturi dell'arte di Cappelli trovano espressione nella Schiava del 1866, presentata all'Esposizione Universale di Parigi dell'anno successivo. Insegnò scultura all'Accademia di Belle Arti anche il più giovane Alessandro Cavazza (1824-1873) che nel modello raffigurante Agar e Ismaele nel deserto, si distacca dal codice purista a favore di un linguaggio più naturalistico.