La raccolta di calchi in gesso da architetture romaniche del modenese
I calchi, riunendo e rendendo accessibili opere sparse nel territorio, rivestono una funzione importante sia sul piano documentario e didattico che nel campo del restauro; un esempio significativo è offerto dagli interventi che, tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, interessano alcuni edifici cinquecenteschi cittadini e soprattutto la cattedrale. Infatti la metodologia degli interventi, condotta nell’ottica del reintegro mimetico delle parti danneggiate e delle lacune, si avvale dei calchi per la produzione di copie o di modelli in stile con cui sostituire gli originali perduti.
La nascita e la formazione della raccolta di calchi del Museo si deve, in particolare, a Vincenzo Maestri e ad Arsenio Crespellani, esponenti di primo piano della cultura modenese di fine secolo.
Vincenzo Maestri - architetto e restauratore di edifici storici, membro della commissione conservatrice dei monumenti, istituita a Modena nel 1876, e direttore del museo tra il 1906 e il 1907 – è autore di un’ampia monografia sul duomo di Modena, rimasta inedita, e di una serie di studi, dedicati alle pievi romaniche del territorio, riuniti nel 1901 in un unico volume sotto il titolo Di alcune costruzioni medievali dell’Appennino modenese. Alla ricostruzione delle vicende storiche dei monumenti Maestri affianca l’analisi diretta della struttura architettonica e della decorazione plastica corredando i testi con rilievi e con riproduzioni grafiche di capitelli e di particolari scultorei derivati da calchi, come evidenzia il confronto con alcuni degli esemplari che egli cedette al museo tra il 1883 e il 1897.
Arsenio Crespellani - regio ispettore agli scavi ed antichità, archeologo e studioso di storia locale - in veste di membro della commissione conservatrice dei monumenti, viene incaricato dal ministero di censire il patrimonio artistico della provincia e a tale scopo visita le pievi delle colline modenesi.. Frutto dei sopralluoghi è una copiosa documentazione costituita da schizzi, da frottages, da fotografie e da calchi, che fa eseguire appositamente portando alla luce testimonianze preziose, come i capitelli della cripta della chiesa abbaziale di Nonantola. Nel 1892 la sua raccolta formata da calchi e fotografie in modo da offrire un’immagine complessiva del monumento, viene donata al museo. Assunta la direzione dell’istituto nel 1894, Crespellani intraprende il riordino delle collezioni e attribuisce un nuovo assetto alla raccolta; le fotografie, vengono separate dai calchi, il cui numero viene incrementato con l’acquisizione di esemplari formati sugli stipiti del portale nonantolano e il recupero di altri dal cantiere dei restauri del duomo di Modena.
Solo così la direzione del conte Luigi Alberto Gandini (1900 - 1906) i materiali, riuniti nel salone dell’archeologia, ricevono l’assetto definitivo, tuttora conservato in larga misura e la raccolta viene arricchita di nuovi esemplari, con l'intento di iniziare “la raccolta razionale e completa di tutte le parti figurate del nostro duomo e della torre Ghirlandina incominciando da quelle più elevate e meno in vista”.