Felice Riccò
Nel 1871, accettando la donazione di Felice Riccò (Modena 1817-1894), Carlo Boni confermò la vocazione industriale del museo da lui fondato. L'artigiano consegnava all'istituzione il frutto di un'attività varia e complessa il cui scopo era essenzialmente quello di produrre con mezzi meccanici elementi decorativi e piccoli oggetti. Con una tecnica definita “autoscultura”, della quale non conosciamo con precisione il procedimento, riuscì a riprodurre intagli e intarsi in legno a basso costo e a lavorare il legno ad imitazione del velluto. Meglio documentata è invece la stampa naturale che attirò l'interesse del mondo scientifico e commerciale. Con tale tecnica si otteneva una matrice per stampa comprimendo tra una lastra in piombo e una in acciaio un oggetto a superficie piana; l'impronta, che si delineava sul piombo, di grande nitore e precisione, non necessitava di alcun intervento manuale, ma da questa si potevano ottenere solo poche copie a stampa.
Riccò approfondì gli studi di carattere fisico, in particolare sulle forze esercitate dai cilindri del laminatoio utilizzato per premere le lastre, e sostituì il piombo con materiale compatto come acciaio, ottone o rame stagnato. E così, impalpabili ali di insetti, fiori, foglie, pelli di rettili, merletti, silhouette di carta ritagliata lasciavano una traccia di sorprendente naturalezza su una matrice con la quale si poteva produrre un altissimo numero di copie. I numerosi saggi conservati in museo mostrano molteplici applicazioni, non limitate alla semplice stampa ad inchiostro o a rilievo, e comprendono anche sigilli, timbri e marchi. Tra questi, due pannelli composti di numerose lastrine impresse con merletti, tulle operati e pizzi meccanici, fanno presupporre che le matrici potessero avere anche un utilizzo decorativo. L'attività di Riccò suscitò l'interesse del duca Francesco V che nel 1857, dopo averlo inviato a Vienna per perfezionare i suoi studi, lo incaricò di formare degli allievi presso l'Accademia di Belle Arti modenese.. Ma il clima politico del periodo non favorì l'artigiano che dovette rinunciare forzatamente al progetto del duca. Tuttavia la sua attività proseguì trovando nelle grandi esposizioni una prestigiosa vetrina.